Era un normale mercoledì mattina, quando un docente è entrato nella mia classe di informatica all'IIS A. Einstein di Vimercate. Era da noi per dirci che i professori di religione Enrico Giantin e Gabriele Corbetta, insieme ad alcuni ragazzi maggiorenni, sarebbero andati a Faenza con Caritas Ambrosiana, per unirsi ai volontari accorsi in aiuto della popolazione, vittima dell'ultima devastante alluvione che ha colpito l'Emilia Romagna.
E' così che pochi giorni dopo, alle cinque e trenta di sabato 28 settembre, mi sono trovato a bordo di un pullmino alla volta di Faenza. Insieme a me i due prof, Giacomo Mauri e Giorgia Pirola (due ex studenti dell'Einstein), Giuseppe Nardo e Andrea Loffredo (da una quinta di Finanza e Marketing dell'IIS Mosè Bianchi di Monza) e il mitico Dave.
Circa 3 ore dopo, verso le 9, siamo arrivati a Faenza. La nostra prima tappa è stata una parrocchia che ha funto da centro logistico di Caritas Faenza, fornendo i volontari delle attrezzature e dislocandoli dove necessario.
Giantin e Corbetta, i due professori, non sono nuovi ad esperienze del genere, l'anno scorso hanno infatti organizzato una spedizione simile alla nostra, in occasione di un'altra alluvione, sempre a Faenza.
Ci hanno raccontato come quella volta, complici la spinta mediatica e il voler "dimostrare al fango" che la volontà di ricostruire era più forte del potere distruttivo dell'acqua, si respirava per le strade un'atmosfera quasi di festa. Canti popolari scandivano il ritmo dei badili, e abbondanti pasti segnavano il passare delle ore. I volontari erano tantissimi e provenienti da ogni dove, addirittura ci si era inventati l'Aperifango, ora praticamente una tradizione.
Stavolta invece, come ci ha spiegato il responsabile di Caritas Faenza, il sentimento prevalente era la rabbia. Questa era la terza volta che si ripulivano le case e che poco dopo queste tornavano punto e a capo.
Ci è rimasto impresso il caso di una signora che a maggio 2023 aveva perso tutti i mobili e che dopo un anno di ristrutturazioni aveva finalmente ordinato i nuovi, consegnati a inizio settembre: pochi giorni dopo erano di nuovo da buttare. Siamo stati quindi preparati ad affrontare la disperazione della gente che aveva perso tutto anche più di una volta, ci è stato raccomandato di non provare a rispondere, sarebbe stato sufficiente ascoltare.
Caricati sul furgone un po' di attrezzi ci siamo diretti verso la casa a noi assegnata, a Traversara di Bagnacavallo, in piena zona rossa.
Arrivati nella piccola frazione il paesaggio era da film post apocalittico, mi ha ricordato le tante foto scattate in luoghi come l'Ucraina o Gaza, pareva di stare in guerra. Sulla destra era ben visibile un imponente muro di terra, squarciato per una trentina di metri, era l'argine.
Nella notte tra il 18 e il 19, ci ha spiegato Lorenzo il responsabile operativo di Caritas Emergenze, un ponte che attraversa il fiume Lamone ha bloccato il flusso di tronchi e altri detriti facendo da tappo per l'acqua che ha scaricato la pressione sugli argini. Il risultato è stato un'onda di circa 9 metri che ha prima superato e poi rotto gli argini, riversandosi addosso alle case di via Torri, la più colpita.
Inoltre, ci hanno detto, la ditta incaricata della gestione degli argini li aveva da poco ripuliti, ma senza smaltire i detriti. Semplicemente li avevano lasciati lì. Questo ha ovviamente avuto un effetto catastrofico, in quanto i tronchi degli alberi, sospinti dalla furia dell'acqua, hanno fatto da ariete e sfondato le pareti delle prime case trovate lungo il loro percorso.
La signora Pierangela, proprietaria della casa che avremmo aiutato a pulire, è una professoressa di lettere in un istituto tecnico di Faenza. In quella casa hanno abitato i suoi nonni e i suoi genitori, ora lei la usa solo d'estate, ma al suo interno erano conservati i ricordi di una vita: Cianfrusaglie di ogni genere, fotografie, il suo primo orsacchiotto, la cassapanca dei nonni.
Il segno dell'acqua era visibile sui mobili a circa due metri e mezzo da terra.
Staccarsi da tutta quella roba, quasi a ricordare Marzarò di Verga, non sarebbe stato facile. Era inevitabile che man mano che lavavamo la signora Pierangela avrebbe dovuto metabolizzare il "lutto" e realizzare che molti degli averi dei suoi, e con loro i ricordi ad essi collegati, erano ormai fango.
Dopo che abbiamo lavato tutto per due volte, e dopo aver esaminato personalmente ogni oggetto, la signora è riuscita a lasciare andare buona parte della roba.
Altro lavoro di proporzioni immani era il giardino. Quello che prima era un normalissimo prato, si era trasformato in una specie di spiaggia caraibica. Tutto era coperto per circa mezzo metro dalla sabbia con cui era stato rattoppato l'argine pochi mesi prima. Abbiamo riempito e smaltito una cinquantina buona di carriole di sabbia, ma sembrava non fosse cambiato nulla.
Dopo il pranzo offerto da una coppia che gestiva il ristorante del paese (ora raso al suolo) e che ora aveva allestito una cucina da campo per i volontari, ho trovato il tempo di percorrere la via centrale per dare un'occhiata ai danni e fare due foto. Fino a quel momento non mi ero addentrato molto all'interno della zona rossa, avevamo ben altro da fare. Qui c'erano le case che l'ondata ha preso in pieno: una si vedeva dalle finestre come fosse piena zeppa di fango e legna, un'altra era sventrata per un angolo fino al primo piano con dentro mobili che se ne stavano in piedi tranquilli come se alla stanza non mancassero due mura su quattro (e mezzo pavimento), un'altra che semplicemente non c'era più, al suo posto erano rimaste le fondamenta, in cui si era formata una piscina. Anche gli altri volontari curiosi che si erano avventurati si guardavano intorno stupiti, come se non avessero mai visto una cosa simile. Non avevamo mai visto una cosa simile.
Tornati alla casa abbiamo continuato a spalare, lavare e sgomberare fino a circa le sei di pomeriggio, poi ci siamo diretti a Bagnacavallo per mangiare qualcosa.
A Bagnacavallo la vita scorreva tranquilla, era festa patronale, San Michele. Ci siamo seduti ad una birreria, ci ha raggiunti la prof. Pasi che insegna matematica da noi all'Einstein e che per coincidenza è originaria proprio di lì. Poi siamo andati all'oratorio di Russi, dove Caritas Ambrosiana ospitava alcuni volontari. Oltre a noi c'erano un gruppo di Trento e Alessandro, un ragazzo della Croce Rossa.
Domenica siamo andati a messa nella vicina parrocchia di S. Maria in Pezzolo, per poi tornare a Traversara dalla signora Pierangela. Lì siamo stati presto raggiunti dal gruppo scout FSE di Fano che ha deciso di compiere la tradizionale Uscita dei Passaggi (che sancisce l'inizio delle attività) in nome della Promessa che ogni scout compie quando entra a far parte del Movimento: Servire.
Dopo pranzo ci siamo diretti verso una seconda abitazione, stavolta a Cotignola, dove una casa era stata sommersa, seppur "solo" per circa quaranta centimetri. Abbiamo ripulito il porticato dallo strato di fango ormai secco, e cominciato ad aspirare l'acqua dalle cantine. La signora che abitava questa casa ci ha raccontato di come a 14 anni, nel '66, era stata una degli "Angeli del Fango" all'alluvione di Firenze.
Verso le 18 è giunta l'ora di interrompere i lavori anche qui.
Ci siamo cambiati e siamo saliti sul pulmino. Per le 21 eravamo a casa.
In questi giorni sto portando nelle classi della scuola il racconto di questa esperienza, mi è stata posta più volte una domanda piuttosto banale ma assolutamente necessaria: Cosa ti sei portato a casa da questa esperienza?
Fango, certo, la puzza della melma, la schiena e le braccia a pezzi, ma anche e soprattutto la consapevolezza. Porto a casa gli sguardi di persone che per la terza volta perdevano tutto ed erano per questo arrabbiate con nessuno, angosciate. Eppure vedevano che anche stavolta dei ragazzi avevano deciso di svegliarsi alle quattro e farsi tre ore di viaggio per venire a spalare anche solo un granello di sabbia, a lavare cose che sarebbero state buttate via, a ripulire dal fango un centimetro alla volta.
Inutile? No.
Se è vero che una goccia alla volta si crea il mare, forse una goccia alla volta si può anche fare il contrario no?