IreBIANCA DENTROna
IreBIANCA DENTROna
Parte del salotto di Irena ridipinto
"un sorriso lascia il segno"
tra una pennellata e l'altra, il nero scompare
Il secondo giorno, io e il mio gruppo, la squadra arancione, raggiungemmo la casa della signora Irena.
Irena abitava nella zona più alta di Planina, ma si trovava comunque vicino al luogo in cui alloggiavamo, il centro Mariapoli. Infatti ci abbiamo messo venti minuti a piedi per raggiungere casa sua. Finalmente poi, abbiamo visto fra le case in cima ad una salita una abitazione su un solo piano che si presentava ordinata e semplice: un ingresso al centro e due finestrelle ai lati della porta coi fiori sul davanzale e le tende sul vetro.
La casa era tutta bianca, color latte, tant’è che ci è venuto il dubbio che quella villetta fosse proprio quella di Irena. Tutti noi avevamo già un’idea di quello che avremmo visto, invece quella casa bianca sembrava essere stata appena ridipinta.
Noi però non siamo entrati subito, ma ci siamo spinti dietro l’abitazione e siamo arrivati al giardino sul retro dove si trovava un portico sotto al quale erano presenti tanti e vari oggetti un po' in disordine ed un divano sul quale la signora era abituata a sedersi per stare un po' all’esterno.
Fra gli oggetti sotto al portico ho notato un tavolo pieno zeppo di scatolette di medicinali e di sigarette e, affianco alla porta, alcune paia di stampelle che servivano alla signora per aiutarla a spostarsi in quanto aveva evidenti problemi di schiena. In quel momento, Irena ci stava aspettando sul divano.
Vicino a lei si trovavano gli attrezzi che avremmo dovuto usare: vernice, pennelli, rulli e tutto ciò che serve per dipingere di bianco una parete nera come la pece. Fino a quel momento non conoscevo il carattere di Irena e temevo che si sarebbe rivelata una persona poco socievole. Invece, mentre ci avvicinavamo Irena alzandosi dal divano con l’aiuto di una stampella, ci salutò e ci sorrise.
Il suo volto, segnato dalla vecchiaia e dalle condizioni in cui viveva, era molto dolce. Ci siamo presentati ad Irena, che con mia sorpresa conosceva l’italiano piuttosto bene, e lei ci ha condotto all’interno della sua casa. Una volta entrati, però, abbiamo scoperto che la casa all’interno era completamente diversa rispetto a come si presentava fuori.
Le pareti della cucina, del salotto e del soggiorno erano completamente nere. In giro per la casa c’erano poche lampade e la luce che emettevano veniva in gran parte assorbita da quel nero. Pensavamo che quel colore scuro fosse causato dal fatto che Irena fumasse molto, ci siamo accorti della presenza di una stufa a legna che la signora usava regolarmente e che probabilmente era la causa principale del colore delle pareti.
Solo una stanza aveva le pareti di un colore diverso: il bagno, il quale era stato completamente ridipinto di bianco latte dai ragazzi del gruppo che era venuto prima di noi. Irena, nel mostrarcelo, sembrava molto felice. Come se quelle pareti non fossero mai state così chiare. Quindi siamo usciti fuori per dividerci i compiti e prendere gli attrezzi, dopodiché ci siamo messi al lavoro.
L'obiettivo di quel giorno era quello di ridipingere la cucina e il soggiorno. Due stanze potrebbero sembrare tante, ma tra una pennellata e l’altra il tempo passava, e ogni minuto di lavoro assieme era un metro di nero in meno. Quando iniziammo a lavorare, Irena tornò fuori, ma dopo un po' di tempo, a lavoro inoltrato, la sua curiosità prevalse e venne a dare un’occhiata.
Intanto noi, lavoravamo a pieno ritmo, o meglio, a ritmo di musica, ma ci siamo fermati per una pausa quando Lei iniziò a ballare e a quel punto anche noi con lei.
Ancora adesso mi chiedo se siamo stati noi a contagiarla di felicità o viceversa, sta di fatto che in quel momento, mentre ballava, Irena ha smesso di poggiarsi sulla stampella.
Qualche ora dopo abbiamo finito finalmente la nostra parte di lavoro, e le due stanze, dopo lungo tempo, erano finalmente bianche. Irena guardò il lavoro fatto con stupore e ci ringraziò per la bella giornata passata con un sorriso colmo di felicità. Noi l’abbiamo ringraziata calorosamente e ci siamo salutati.
Mentre stavamo tornando al centro Mariapoli ho ripensato al momento in cui Irena vide per la prima volta il lavoro che stavamo facendo e mi è piaciuto immaginare di vederlo con i suoi occhi. Quel tratto di casa sua, dopo essere stato per lungo tempo nero, silenzioso e buio, è diventato improvvisamente luminoso, bianco e pieno di giovani che lavoravano a ritmo di musica. Quello è stato il giorno in cui non solo le pareti tornarono quelle di un tempo, ma anche il cuore e l’animo di Irena. Nella mia vita ho preso parte a diversi tipi di servizi, ma quel giorno, insieme, abbiamo cambiato in meglio la giornata e in parte anche la vita di una persona, e quel sorriso non me lo scorderò mai.
Francesco Sala
Da sinistra verso destra: i sette membri della squadra arancione, Irena, e Marina, una delle responsabili del cantiere
Foto dei ragazzi mentre lavorano