Martedì 13 maggio Arcore ha ospitato il cardinale Fernando Natalio Chomalí Garib, arcivescovo di Santiago del Cile. Si è recato ad Arcore per motivi personali, approfittando del fatto che era in Italia per il conclave e per l’incoronazione del Papa di domenica 18.
La parrocchia di Arcore lo ha invitato a celebrare una messa e a fare una piccola testimonianza sul conclave che aveva appena vissuto. Poi si è fermato ad un rinfresco, durante il quale ho avuto la fortuna di fargli una breve intervista.
Durante la predica, parlando con un leggero accento, ha spiegato, riprendendo il Vangelo del giorno, di come spesso noi, una volta raggiunti i nostri obiettivi, dopo un breve periodo di felicità, ritorniamo ad essere infelici. Ha detto che in verità solo Dio può darci la gioia vera e duratura. Ha anche parlato di come non si debba cadere nella tentazione di pensare che noi crediamo o non crediamo in Dio esclusivamente per una nostra decisione. Questo perché esiste una chiamata del Signore alla quale possiamo rispondere, che ci permette di agire in un determinato modo.
Dopo la messa ha parlato per qualche minuto della sua esperienza al conclave. Innanzitutto ha raccontato che, quando è morto papa Francesco, era cardinale da appena quattro mesi e quindi, quando sono iniziate le congregazioni pre-conclave, lui non aveva molta esperienza nell’ambito cardinalizio. Ha raccontato di come è rimasto profondamente colpito dalle reazioni dei comuni cristiani alla morte di papa Francesco. Infatti, non aveva mai visto tanta gente piangere per un periodo così lungo di tempo.
Parlando delle congregazioni preliminari e del conclave, ha detto che c’erano grandissime differenze tra le ricostruzioni fatte dai media e ciò che accadeva realmente. I giornali si immaginavano spietate lotte di potere, mentre in verità, tra i cardinali, c’era un profondo clima di fratellanza e di comunione. In un tweet fatto poco dopo la fine del conclave è arrivato ad affermare: “La differenza che esiste tra il conclave del 2025 e il film Conclave è simile alla differenza che esiste tra la lingua cinese e l’inglese”. Ha sostenuto che, nonostante ci fossero differenze tra le preoccupazioni dei cardinali, tra di loro andavano d’accordo e che tutti capivano che lo Spirito Santo li stava ispirando.
Questi ultimi passaggi mi hanno particolarmente incuriosito, in quanto, quando mi informavo prima del conclave, ragionavo in modo strettamente politico e non religioso. Pensavo alla elezione del papa non in modo molto diverso rispetto a come ragionavo sulle faccende che avvengono in parlamento. Provando ad approfondire l’aspetto spirituale legato al conclave, durante il rinfresco gli ho posto due domande legate a questo tema:
In conclave ci saranno stati dei momenti di votazione e dei momenti di preghiera. Com’è stato l’equilibrio tra questi momenti?
“Tutto iniziava con la preghiera e finiva con la preghiera.”
Provando invece a approfondire un aspetto più personale, gli ho posto la domanda:
Cosa ha provato quando si sono chiuse le porte della Cappella Sistina dopo l’extra omnes?
“Un grande senso di responsabilità di fare la volontà di Dio e non la mia volontà.”
Andando poi avanti nella sua testimonianza, ha raccontato un piccolo aneddoto. Ha raccontato di come papa Leone XIV, al pasto successivo alla sua elezione, mangiasse da solo e abbia chiesto a lui e ad altri cardinali del tavolo vicino di andare a cenare con lui. A tavola hanno poi parlato delle loro famiglie e delle sfide di quest’epoca. Questo fatto mi ha stupito particolarmente in quanto, nonostante l’ex cardinale Prevost sia appena diventato vicario di Cristo, è comunque un uomo con una famiglia e con una storia dietro. Allora, per questo motivo, ho chiesto al cardinale:
Come mai è rimasto particolarmente colpito dal fatto che il papa dopo la sua elezione mangiava da solo?
“Lui si trovava da solo in quanto la gente sicuramente aveva paura di avvicinarsi, non capisco bene perché. Questa è una cosa brutta e per questo lui ci ha chiesto di venire.”
Andando avanti nella sua testimonianza, ha poi affermato che dopo l’elezione inizia un bellissimo rituale nel quale si riesce facilmente a vedere la cultura che è presente nella Chiesa. Ha addirittura detto che una parte del patrimonio dell’umanità è in mano alla Chiesa. La faccenda dei rituali è spesso qualcosa di poco concreto per noi giovani, abbiamo spesso una naturale tendenza a vivere il rapporto con Dio in modo molto personale e intimo.
Quindi, essendomi accorto che anche io ho spesso questa inclinazione, gli ho posto una domanda:
Come mai i riti sono importanti nella Chiesa?
“Sono molto importanti perché i riti preservano la storia e preservano la continuità”
In conclusione, ha anche parlato dell’importanza di trasmettere tutto ciò ai giovani. Ha ammesso che i ragazzi di oggi si sentono persi. Secondo lui, un modo per aiutarli è far fermare il Vangelo nella loro testa e nelle loro mani. Ha parlato molto nel discorso di questa necessità di formare i giovani al cristianesimo; ho pensato che questo è necessario affinché noi ragazzi sentissimo la vocazione di cui parlava nella predica. Molto scosso da questo, ho deciso di fargli un'ultima domanda, legata a tutti quei giovani che come me non sono indifferenti al futuro della Chiesa cattolica:
Secondo lei quale potenziale hanno i giovani nella Chiesa?
“Hanno potenziale perché loro saranno il futuro Papa, saranno i futuri vescovi, saranno il futuro Presidente della Repubblica. Dovete avere cura della vita, dovete studiare molto. Perché l’ignoranza non ci aiuta a fare dei progetti di lavoro molto concreti.”